Una vita distrutta dall’alcool e dai fallimenti, che cerca di ricostruirsi nella dimensione della solidarietà e del dono gratuito di sé. Anche grazie a una forte esperienza di fede DA MILANO VIVIANA D' ALOISO
Tra una vita normale e un coperta buttata su un seggiolino, all’aeroporto di Linate, c’è la storia di Lorenzo. Gli occhi vivaci, la belle parlantina, una 'croce' alle spalle che non gli ha tolto il sorriso. Lorenzo da un anno vive sulla strada, tra gli arrivi e le partenze dello scalo milanese, là dove la notte qualche poliziotto ha la buona abitudine di aprire le porte a chi fuori muore di freddo, o di caldo. E lì, si sente a casa. Ricordi lontani e laceranti il matrimonio che si sgretola, il dolore per la perdita della nuova compagna, il giorno in cui ha consegnato le chiavi del suo camioncino e ha perso il lavoro, il volto di sua figlia, che ha smesso di parlargli. Lorenzo, 42 anni appena compiuti, ha il tempo di farli passare davanti agli occhi quando si sveglia, riguardarli un istante, poi via: s’infila il giubbotto e lo zaino, è l’ora dell’autobus. Destinazione: gli altri. Non ha niente, Lorenzo. È un clochard, o 'diversamente agiato', come piace dire a lui. Di quelli che la gente ormai conosce bene, tanti ne ha visti; di quelli che 'affari loro, se scelgono di vivere così'. E può essere anche vero, ripete lui, «ma tra noi ci sono quelli che hanno perso tutto, anche la speranza, e io vado a trovarli e vedere come stanno». Il 'giro' di Lorenzo inizia la mattina: tappa in chiesa, due chiacchiere con fra Marcello, e poi ci sono Silvano, Simona, Gregorio. Materassi e piumoni sgualciti buttati a terra, negli androni del centro, agli angoli della città che corre, e corre. Persone, per Lorenzo. Lui ha la sua 'mappa', in testa. Prima qui e poi lì. «Simona ha bisogno di fare due chiacchiere, ma non devo chiederle di più. È chiusa»: si avvicina, lei alza gli occhi spenti, sposta il ciuffo di capelli arruffati. Può avere 15 anni o 45, nemmeno Lorenzo lo sa, ma lui si siede e comincia a parlare, le racconta dei suoi amici dell’aeroporto, del lavoro saltuario che gli hanno dato davanti allo stadio, finché su quel viso scavato non spunta un sorriso. «Hai freddo? Sì, hai freddo, ora mi organizzo e ti faccio avere una coperta – dice Lorenzo –, però poi non la perdi come l’ultima, neh?». Gambe in spalla, c’è molto da fare. Lorenzo vorrebbe raggiungerli tutti, quelli che vivono come lui, e aiutarli: «Nel mio piccolo, certo. Non è che io abbia molto da offrire: qualche sigaretta, magari qualcosa da mangiare. Ma le parole e il sorriso, quelli sempre, perché contano tanto più della carità». Il pomeriggio la meta è ancora la chiesa: se c’è bisogno, Lorenzo dà una mano con le pulizie, o a spostare le cose pesanti, o magari a fare il presepe. «Ne ho fatto uno bellissimo, quest’anno, e anche la Via Crucis, adesso, per Pasqua. Abbiamo preparato le Stazioni». Gli altri, e prima degli altri Gesù. Lorenzo aveva smesso di credere finché un giorno non ha sentito un sacerdote parlare dall’altare, e gli è venuto da piangere. Da quel giorno ha cominciato a pensare che la sua vita valeva qualcosa di più, se serviva anche agli altri. E così si è messo in moto, dal 'suo' aeroporto: coi clochard, con gli anziani, con le testimonianze nelle scuole, tra gli studenti, come quelli della 4° Sd del Liceo Virgilio, che oggi sono la sua famiglia 'speciale'. La sera Lorenzo si ferma in centro per frequentare le unità di strada: sono i presidi delle diverse associazioni di volontariato che si ritrovano nel cuore di Milano e servono pasti caldi a chi ne ha bisogno. Su tutte quella che ogni settimana è organizzata dalla Papa Giovanni XXIII. Si mangia tutti insieme, una grande famiglia, poi Lorenzo si unisce ai volontari per il giro di ispezioni. La sua 'mappa' è il motore del giro: Lorenzo sa dove andare, sa chi trovare, e grazie a lui i volontari arrivano dove c’è bisogno. Il 'clochard volontario', a dirglielo Lorenzo sorride e quasi s’offende: «Per me è naturale far questo. Perché non dovrei?». E pensare che quando ha un po’ di soldi da parte, li consegna nelle mani del proprietario del botteghino di corso Vittorio Emanuele: «È la mia banca personale, ma devo lasciarli lì da lui, se no me li spendo tutti in una volta, magari con l’alcool, e il resto». La croce di Lorenzo, pesante, che però sbiadisce di fronte alle altre. Perché dalla strada lui non riesce ancora a salvarsi, o a salvare nessuno dei 'suoi', «ma questi sono passi, sono i miei primi passi. Con questi passi cerco di ricostruirmi». |
Ripensandoci di fronte ad un clochard ci si allontana istintivamente, come se si trattasse di una forma di difesa. Difesa da chi? Semplicemente dall'ignoto. E invece si tratta di un mondo che può riservare grandi sorprese.
RispondiEliminaUn bacione
@ Kylie
RispondiEliminaanch'io sono stata molto colpita da questa persona, per la sua forza e generosità...mi piacerebbe conoscerlo, essergli amica. Ciao cara Kylie
Piacere di conoscerti e di vedere il tuo blog, Aliza! Lo sai che mi fa sentire subito più buona, è così pieno di fede e di bontà che sveglia la bontà che c'è dentro di noi, mi sono commossa veramente.
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