sabato 19 luglio 2008

SPERANZA

debole, portata da uomini, ma come una fiamma scaldi il cuore






intervista al rabbino capo della sinagoga di Sydney.


l’intervista Il rabbino: vita e creato, impegno comune


Jeremy Lawrence, guida della principale sinagoga di Sydney, era nella delegazione che ieri ha incontrato Ratzinger: «Io, ebreo, ho apprezzato le sue parole Molti i campi in cui collaborare»

A l Papa che è venuto come «ambasciatore di pace», il rabbino Jeremy Lawrence, risponde con grande cordialità e a­micizia. «Ho molto apprezzato le sue parole – dice – anche perché Benedetto XVI ha indicato alcuni campi di collaborazione tra le reli­gioni che mi trovano assoluta­mente d’accordo». Lawrence è il rabbino capo della sinagoga più importante di Sydney. Ieri, dunque, è toccato a lui, insieme con un e­sponente islamico, dare il benve­nuto al Pontefice durante l’incon­tro interreligioso nella Sala capito­lare della Cattedrale.

Lei accennava ad alcune materie su cui collaborare. Quali sono?
Per esempio l’idea della sacralità della vita (anche se vi possono es­sere differenze per determinare quando la vita comincia). Vi è poi la dignità dell’individuo e il valore del genere umano. Inoltre l’idea che questo pianeta non ci appar­tiene, ma ci è dato solo in cura, la nostra preoccupazione per il clima e per la biodiversità sono basi co­muni di lavoro.
Il Papa ha anche fatto riferimen­to alla questione educativa nei ri­guardi dei giovani.
Certo, anche su questo ci si può in­contrare. Viviamo in un mondo in cui i valori spirituali e morali sono molto compromessi, la gente pen­sa di poter fare ciò che vuole. E in questo modo la saldezza della fa­miglia viene messa in questione. L’insegnamento religioso rafforza l’individuo, la famiglia e la società.
Come guarda la comunità ebrai­ca di Sydney alla Gmg?
È sicuramente un fatto importan­te per la città di Sydney. Tutti ne parlano, quelli che sono contenti e anche qualcuno che non lo è. Io penso che sia importante per ri­portare l’attenzione sulla religio­ne, specialmente da parte dei gio­vani. E anche per incrementare i rapporti tra le diverse comunità re­ligiose. Noi ad esempio abbiamo ottimi rapporti con il cardinale George Pell e con il cardinale Edward Cassidy. Perciò abbiamo offerto la nostra collaborazione an­che ospitando qualche giovane pellegrino.


io, al tramonto accendo sempre qualche candela e mi piace appenderle in giardino sui rami degli alberi, in vasetti vuoti di vetro che appendo con del fil di ferro. Non è per paura del buio, è per ricordarmi che c'è un nuovo giorno che deve venire. Il giorno in cui gli uomini si renderanno conto che sono sulla stessa barca e che se questa barca non è governata in modo concorde, per il bene comune, va alla deriva come una barca senza timone. Riflettendo mi rendo conto che la speranza è una virtù forte, robusta, veramente è l'ultima a morire.


2 commenti:

  1. A me piace accendere lumini sul davanzale della mia finestra a piano terra........3 lumini nella notte....possono scaldare qualche cuore.......il mio sicuramenteee!

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  2. Bellissimo testo.

    Ci vuole sempre un lumicino acceso.

    E se è quello della speranza non ci sarà vento che possa spegnerlo.

    Buenas tarde.

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