venerdì 9 gennaio 2009

poter capire

copio questo articolo della Stampa, perchè vorrei capire...


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Nel kibbutz per capire Israele

IGOR MAN
Sono giornate devastanti quelle che scorrono in Medio Oriente e il Vecchio Cronista una volta ancora ricorda l’incontro, nel 1959, con Berta Grinstein. Non la vedevo dal 1939 (io fanciullo, lei signora di mezza età), allorché venne cacciata, con la famiglia, dall’Italia in forza delle leggi razziali. Ci vedemmo a Waterbury (Co) e fu lei a procurarmi l’intervista con Ben Gurion, suo mezzo parente. Alla lettera di presentazione, Berta aveva accluso un bigliettino per me: «Se vuoi capirci, se vuoi capire Israele, devi, devi visitare Lahomei Haghetaot. Shalom, shalom». È un kibbutz dove gli scampati alla strage di Varsavia (3 agosto 1944) in soli trenta metri hanno allestito un museo della Memoria. L’impatto è forte. L’ambiente è scabro, fiero, ma niente affatto retorico; evidente è l’intenzione di far parlare «in diretta» la Storia affinché la Memoria duri. Sui muri spiccano le macchie gialle delle stelle di pezza imposte da Hans Franck agli ebrei; gli stampati con la scritta Jood da affiggere sulle botteghe; una svastica e un documento che ci riporta, sgomenti, nell’Italia repubblichina: «Questura di Roma - oggetto: traduzione ebrei al concentramento di Carpi, in numero di 38 (trentotto). Pregasi di rilasciare al funzionario latore relativa ricevuta. Firmato: il Questore Pietro Caruso. Roma addì 25 febbraio 1944, XXII».

Quel che colpisce è «relativa ricevuta»: cose erano, povere cose gli ebrei in «traduzione». Cose destinate a finire nel gas nazista. Cose. Che tuttavia risorgeranno: come ci dicono i disegni dei bambini ebrei condannati a morte perché ebrei. Capovolgendo la realtà (siamo, in fatto, al Presagio) quegli innocenti disegnavano gli adulti: il papà, lo zio, l’amico che, armati di lunghi fucili, mettevano in fuga le SS. Inconsciamente quei bimbi ebrei si ribellavano al cliché dell’ebreo rassegnato, eterno perdente. Quei disegni reclamano il diritto d’esser dichiarati profetici. Essi anticipano la mutazione degli sfiniti reduci dai campi di sterminio in soldati vincenti: quelli che hanno costruito Israele, anzi il Nuovo-Israele, paese democratico, prima potenza militare del Medio Oriente, primatista nella Ricerca.

Quello che i Padri fondatori hanno creato in Palestina è certamente da ammirare ma paradossalmente il suo limite è la Supremazia. Un ebreo d’antica famiglia, Gad Lerner, ha citato su Repubblica il «Giobbe» di Joseph Roth: «Tutto ciò che è improvviso è male, il bene arriva piano piano». Magari ne serbassero memoria gli Israeliani, esclama Gad. «Esasperati da un assedio senza fine ma tuttora accecati dal mito della guerra-lampo-risolutiva che nel 1967 parve durare sei giorni appena e invece li trascina, dopo oltre 41 anni, a illudersi nuovamente: bang, un colpo improvviso bene assestato, e pazienza se il mondo disapprova, l’importante è che il nemico torni a piegare le ginocchia». Insomma, dice Gad: la guerra non risolve. Ancorché sempre vittorioso, Israele è tuttora accerchiato da nemici che ne sognano la distruzione. Guerre brevi assicurano lunghi periodi di pace ma a ogni vittoria Israele vede crescere l’odio dei vicini. Esiste una dicotomia geopolitica alla base dell’eterno limbo in cui (coraggiosamente) Israele vive. Nell’arengo mondiale è un paese come gli altri, nell’ambito regionale è «un corpo estraneo» condannato a morte dall’islam militante; al tempo stesso è la testimonianza d’una superiorità che esaspera il complesso d’inferiorità dei suoi (frustrati) vicini. Temo che questo scenario non muterà mai. Voglio ricordare che nel 1956 i soldati israeliani cantavano: «Sempre in tre saremo: io, tu e la prossima guerra».

4 commenti:

  1. ciao, vedo che ci siamo poste lo stesso problema oggi......essere obiettivi diventa difficile non è solo una questione politica...la guerra colpisce sempre e solo gli innocenti

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  2. Grazie per gli auguri che mi hai fatto tramite la Cinzia!
    Interessante il tuo blog!
    Ciao: Andrea

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  3. Aliza...quando si dice se i muri potessero parlare...quante ne hanno viste,e la Terrasanta non fa eccezione!

    Ciao,ti saluto caramente.

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  4. Aliza quanti come te vorrebbero capire il senso di questa guerra senza fine che pone in pericolo tutto il mondo, non solo Ebrei e Palestinesi. Quello che meraviglia è che ci sia ancora chi parteggia per l'uno o per l'altro, senza conoscere la Storia, non solo la cronaca di parte

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