Immigrati, la tv scopre l’umanità
Fra le tante parole che sull’immigrazione si sono sprecate, per definire un fenomeno destinato a modificare il nostro mondo, mancava 'umanità'. Ed è questo concetto che si legge finalmente nell’inchiesta di Luca De Mata, La valigia con lo spago, che ha preso avvio su Raiuno lunedì in seconda serata. Quell’umanità che ci induce a considerare l’altro, colui che viene, non un invasore ma un fratello, costretto dal bisogno e dalla paura, a cercare ricovero in cambio di lavoro. Collocando storicamente i dati, De Mata confronta l’emigrazione italiana dell’Otto e del Novecento con quella dal Sud del mondo che ora si dirige verso il Nord, verso un’Europa considerata terra di speranza e invece quasi sempre luogo di sfruttamento e delusione. E, fondandosi su documenti e interviste a chi lavora nelle organizzazioni cristiane di soccorso, presenta persone che hanno visto il loro sogno frantumarsi nella violenza e nella solitudine, costrette a grama vita da randagi in uno smarrimento totale. Palermo e Napoli gli scenari della prima delle quattro puntate: con chi vive in strada o in miserevoli tane, con chi è costretto a vendersi o a vendere droga, con coloro che hanno dovuto sopportare lo sfruttamento più crudele per sopravvivere. Casi singoli, sullo sfondo di luoghi in cui l’amore cristiano soccorre ai vuoti della società: esempi di un’integrazione ardua, di un riscatto che non è facile offrire. E poi, spaziando alla Spagna e agli Stati Uniti, ecco che il panorama si dilata dal nostro piccolo al grande del mondo intero, in cui la spinta della disperazione porta a drammatici tentativi di riscossa da parte di chi varca le frontiere pensando di cambiare la sua vita. I poveri del mondo diventano trama di una riflessione che si dilata dal sociale all’antropologico e all’esistenziale: il diritto alla speranza, in nome dell’umanità che ci fa uguali, un discorso per immagini che si articola attraverso il dolore e che può esser sanato soltanto dalla solidarietà fraterna.
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di M. Poggialini
se non ci preoccupiamo di queste persone più sfortunate, di chi dobbiamo preoccuparci? vivono nelle nostre città, vengono da paesi poverissimi e in guerra, possiamo ignorarli?
RispondiEliminano naturalmente, buona serata A
RispondiEliminaBuongiorno.
RispondiEliminaTema di grande attualità perchè si lega anche alla nuova Enciclica del Santo padre... e, purtroppo, alla legge sulla Sicurezza (o, come dico io, sulla "paura indotta").
Personalmente sono molto molto polemica, in argomento.
Con la televisione che nulla fa per assolvere al suo ruolo di diffusore di cultura e di informazione.
E un po' anche con la Chiesa che tace... su troppe cose, in realtà.
@ Kaishe
RispondiEliminama tutte le Caritas, tutte le mense, tutta la distribuzione di abiti e coperte. Gran parte della rete di assistenza e soccorso, per esempio nella mia diocesi è sostenuta dalla Chiesa. Fino al punto che le strutture pubbliche si rivolgono alla Caritas ordinariamente. Nella mia Parrocchia provvedono a pagare affitti, la spesa degli alimentari ecc. certo con precarietà, ma so per certo che la rete c'è...forse non suonano le trombe, ma ci sono.
Devo essere sincera io non credo che la Chiesa taccia, io credo che ...faccia pur con tutte le difficoltà e le possibili contraddizioni visto che passa attraverso i limiti degli uomini.
Baci A
Anche qui da me si fa tanto... ma il volontariato è composto da persone che "politicamente" non sono allineate con le gerarchie.
RispondiEliminaE le gerarchie tacciono.
Era più facile che si scagliassero contro Prodi e il suo Governo che contro le nefandezze di questi loschi figuri.
E questo silenzio rimbomba.
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RispondiEliminaGrazie per la toccante segnalazione, Aliza.
RispondiEliminaIn questa trasformazione epocale, smuovere le coscenze e già un aiuto valido perchè è l'indifferenza il cancro che si insinua in una parte della nostra società, e bisogna combatterlo, con ogni mezzo a disposizione.
Grazie per questo post. muccina
Tema sempre molto scottante...
RispondiEliminaBaci
Cinzia