giovedì 6 novembre 2008

cristiani

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LE UCCISIONI DIMENTICATE

Le spalle al cristianesimo


di Ernesto Galli della Loggia

Dall'India alle Filippine, dall'Iraq al Pakistan, si susseguono gli assassinii di sacerdoti e di fedeli cristiani: perlopiù cattolici anche se numerosi sono pure i protestanti. Di fronte a queste uccisioni l'opinione pubblica occidentale ha una reazione ormai scontata: gira la testa dall'altra parte. Non fa sostanzialmente eccezione, cosa all'apparenza straordinaria, neppure la parte esplicitamente cristiana di quell'opinione pubblica, quasi che avesse il timore, alzando troppo la voce, di rendere le cose ancora peggiori.

Naturalmente viene da chiedersi quale sarebbe invece la reazione dell'uomo della strada, dei media e dei governi occidentali, se in una qualunque parte del mondo ad essere presi di mira per la loro appartenenza religiosa, al posto dei cristiani, ci fossero i seguaci di altre confessioni, per esempio gli ebrei. Ma chiederselo sarebbe solo indulgere in una polemica sterile. In realtà, infatti, la reazione quasi inesistente dell'opinione pubblica alle notizie di uccisioni di cristiani non è niente altro che il frutto di fenomeni profondi da lungo tempo all'opera nelle nostre società, l'effetto di lenti smottamenti ideologici che ne stanno cambiando il profilo ultramillenario.

Sotto i nostri occhi si sta consumando una gigantesca frattura storica: non vogliamo essere, non ci sentiamo più delle società cristiane. Non vogliono più esserlo non le grandi maggioranze, ma soprattutto le élite intellettuali. La critica della religione, infatti, è rimasta, alla fine, il solo e vero denominatore comune sopravvissuto alle infinite vicissitudini della cultura moderna. Dell'illuminismo, del marxismo, del darwinismo, del freudismo e di ogni altro «ismo» tutti gli snodi e gli assunti sono stati di volta in volta smentiti, contraddetti e abbandonati. Una sola cosa però, comune ad ognuno di essi, è restata come acquisto generale: l'idea che la religione, e quindi innanzitutto il cristianesimo, rappresenta la prima «alienazione» dell'umanità premoderna, di cui i tempi nuovi esigono che ci si sbarazzi. È così accaduto che nelle società occidentali — lo dico con sbigottimento di non credente — la religione sia diventata intellettualmente impresentabile, e dunque sempre meno rappresentata culturalmente. E che anche perciò nelle nostre società (tranne forse gli Stati Uniti) il cristianesimo, di fatto, non strutturi più alcun senso di appartenenza realmente collettiva. Che esso sia, debba obbligatoriamente essere, invece, un fatto solo privato. Ne consegue come cosa ovvia che le sue sorti pubbliche e storiche non ci riguardano più: figuriamoci poi se si svolgono in qualche remota contrada dell'Asia o dell'Africa.

dal Corriere della sera

7 commenti:

  1. ... e sono opinioni di un non credente!

    Purtroppo quella che regna è l'indifferenza.

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  2. sergio
    e si c'è proprio da riflettere, grazie di essere passato, ciao A.

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  3. Aliza,a questo punto mi chiedo: C'è ancora qualche valore su cui credere,contare,dimostrarsi attivi?
    Io dico di sì.
    Contro l'indifferenza dilagante noi blogger stiamo facendo qualcosa,anche solo per il fatto di dire pubblicamente ciò che pensiamo!

    Ciao,un caro saluto.

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  4. stella
    grazie della visita baci A.

    sirio
    è bello poter dire chi si è, senza maschere, un saluto

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  5. Grazie Aliza di aver proposto questa profonda e purtroppo amara riflessione di un non credente. Noto che spesso ci si vergogna a dire di essere cristiani e cattolici praticanti, quasi fosse una colpa. Buona giornata.

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  6. per me è il fatto che ha dato senso alla mia vita...ti abbraccio A.

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