domenica 6 marzo 2011

"URGE"

http://tutti-in-scena-parma.blogautore.repubblica.it/files/2011/02/bergonzoni-1.jpg
Google



L’artista in scena con lo spettacolo «Urge»
«Siamo stati ridotti a passivi spettatori voglio far capire che senza più cultura siamo tutti in coma»




Nel suo spettacolo, con un gioco di parole, parla dell’urgenza di fare 'voto di vastità'...

«Sì, nasce dal bisogno di non accontentarsi di quello che viene passato dai media, da certa stampa. Questo accontentarsi per me è im­morale, anti-vitale. Come succede con certa televisione».

Si riferisce alla tv commerciale?

«Anche al servizio pubblico che le fa il verso. Veniamo da un quarto di secolo di una tv che ha tarato il gusto degli italiani in modo che oggi possano digerire ciò che ieri sarebbe sta­to indigeribile. La colpa è certo dei palinsesti­sti e dei pubblicitari, ma soprattutto dei con­niventi: gli spettatori. Lo spettatore è uno che col telecomando può votare ogni dieci se­condi. Ha votato molto male».

Ma voi artisti non avete nessuna responsa­bilità per questo degrado culturale?

«Nello spettacolo racconto anche questo. Non ha senso che un artista dica, per esempio: ma io non seguo certe robe in tv. Perché quelle robe orrende ormai seguono te. Sono sotto­pelle nella gente che viene a teatro a vederti, nei ragazzi che vanno a scuola. È come dire: io non fumo, quando tutti ti fumano attorno».

La cultura come ricetta? E i tagli?

«Allora, prima della cultura vengono ospeda­li, giustizia, carceri. Però è becero dire che con Dante non si mangia. Perché l’economia è an­che una questione di arte. Una volta molti am­ministratori delegati di grandi società erano anche poeti e filosofi... Se vuoi fare un me­stiere alto, devi essere alto. Così come in par­lamento: oggi ci sono solo avvocati. Per que­sto alla politica manca vastità di visione. E si è fermi agli interessi particolari».

E del 150° dell’Unità d’Italia, cosa dice?

«Che l’Italia non s’è ancora desta. Con la scu­sa che non è facile attingere alla sovrumana sfera dell’anima, finiamo tutti con l’essere troppo spettatori. Invece dobbiamo diventa­re attori. Non si può più delegare, bisogna scendere e scioperare quotidianamente nel­la propria piazza interiore. Se giustamente mi imbestialisco se Tanzi mi porta via i risparmi di una vita, devo arrabbiarmi anche contro chi mi porta via i risparmi neuronali, l’anima e la vita».

da Avvenire

1 commento: