Pessimo modello per i giovani
DI NICOLETTA MARTINELLI
Primo: bisogna smettere di chiamarlo gioco. «Giocare aiuta i bambini a crescere a confrontarsi con il mondo, a esplorarlo. È un’attività che educa. L’azzardo rovina gli esseri umani, ne devasta l’esistenza »: le affermazioni di Rolando De Luca – psicoterapeuta, responsabile del Centro di terapia di Campoformido per ex giocatori d’azzardo e loro famiglie – sono frutto di anni di lavoro sul campo. «Sarebbe come definire la droga un divertimento da ragazzi. Finiamola di parlare di gioco – prosegue De Luca – e definiamolo per quello che è, un azzardo legalizzato, un azzardo di Stato». Il montepremi da record del Superenalotto è una iattura, secondo lo psicoterapeuta: «Siringa denaro nelle casse statali ma finirà per impoverire ulteriormente un Paese già povero. Sta già deprimendo i consumi, perché in tempi di crisi piuttosto si rinuncia a comperare la pasta e la carne ma non a scommettere ». Nel Centro di Udine, De Luca segue dieci gruppi di ex giocatori, per un totale di cento persone, e le loro famiglie: «Quando cominciai a occuparmi di questo problema, nel 1991, nessuno era disposto a dichiararsi dipendente dal gioco. La prima persona che venne da me a cercare aiuto – prosegue lo psicologo – fu una donna. Non era lei la giocatrice ma un parente». Da lì la consapevolezza che bisognasse partire dai familiari. «Anche perché sono loro a soffrire di più. Non è il giocatore a subire i danni più gravi – spiega Daniela Capitanucci presidente dell’Associazione And (sigla che sta per Azzardo e nuove dipendenze) – ma i suoi figli». Il perché si può intuire: «La moglie del giocatore deve scegliere. Se decide di dedicarsi al marito e di aiutarlo nel suo percorso di disintossicazione ha bisogno di dedicarsi a lui in maniera totale, di sostenerlo, d' incoraggiarlo. A detrimento dei figli. Peggiora le cose – prosegue Capitanucci – il fatto che sempre più raramente esiste una rete familiare a cui fare affidamento ». Anche nel caso che ci siano nonni e zii disponibili al compito, raramente il problema esce dalle pareti domestiche: la vergogna è troppa per confessare la difficoltà e chiedere aiuto. «Il brutto è che in molti casi, il sacrificio dei bambini non porta a nulla. La moglie scommette sul marito – spiega la psicologa di Varese – e il marito continua a scommettere». Tutti e due perdono.
da Avvenire
No, io non gioco. Lascio ad altri il piatto. Non m'attrae questa presa in giro. Noi tiriamo fuori i soldi e le casse dello stato gongolano... sia mai!
RispondiEliminaHo saputo di gente che si è giocata la vita con l'azzardo. Il problema è scottante e sottovalutato. Bisognerebbe parlarne di più per rendere consapevoli le persone del rischio.
Ma allo stato non conviene affrontare l'argomento seriamente: troppo interessi in gioco!
Io Aliza vinco sempre a tutte le lotterie, perché... non gioco mai. men che meno al superenalotto, che ritengo una truffa legalizzata, perché i sistemi informatici utilizzati per controllare le giocate possono controllare tutte le combinazioni giocate e farne uscire una non giocata da nessuna. Sì sono d'accordo che la febbre del gioco è come una droga.
RispondiEliminaho visto signore di una certa età con le borse della spesa uscire dalle sale bingo di Mestre....All'entrata di queste sale, a tutte le ore, c'è un via vai di persone che entrano per giocare ma chi vince è sempre il banco!
RispondiEliminaPer fortuna non mi piace giocare il mio denaro. Lavoro molto per ottenerlo.
RispondiEliminaUn bacio Aliza.
La fortuna va tentata...comunque io non la tento. Mi sembra di essere già tanto fortunato rispetto a tanti altri!
RispondiEliminaUn caro saluto
E
Ho appena sentito al Tg che qualcuno ha vinto quella cifra immensa...
RispondiEliminaNn ho mai giocato, nè al totocalcio, nè al lotto, nulla...
Sono d'accordo nel dire che il gioco può diventare una vera e propria malattia, a volte purtroppo, difficile da guarire.
Buona serata.
Cinzia