venerdì 21 agosto 2009

giochiamo.....??















Pessimo modello per i giovani

DI NICOLETTA MARTINELLI
Primo: bisogna smettere di chiamarlo gioco. «Giocare aiu­ta i bambini a crescere a con­frontarsi con il mondo, a esplorarlo. È un’attività che educa. L’azzardo ro­vina gli esseri umani, ne devasta l’e­sistenza »: le affermazioni di Rolando De Luca – psico­terapeuta, re­sponsabile del Centro di terapia di Campoformi­do per ex gioca­tori d’azzardo e loro famiglie – sono frutto di anni di lavoro sul campo. «Sarebbe come definire la droga un divertimento da ragazzi. Fi­niamola di parlare di gioco – prose­gue De Luca – e definiamolo per quello che è, un azzardo legalizzato, un azzardo di Stato». Il montepremi da record del Superenalotto è una iat­tura, secondo lo psicoterapeuta: «Si­ringa denaro nelle casse statali ma fi­nirà per impoverire ulteriormente un Paese già povero. Sta già deprimen­do i consumi, perché in tempi di cri­si piuttosto si rinuncia a comperare la pasta e la carne ma non a scom­mettere ». Nel Centro di Udine, De Lu­ca segue dieci gruppi di ex giocatori, per un totale di cento persone, e le lo­ro famiglie: «Quando cominciai a oc­cuparmi di questo problema, nel 1991, nessuno era disposto a dichia­rarsi dipendente dal gioco. La prima persona che venne da me a cercare aiuto – prosegue lo psicologo – fu u­na donna. Non era lei la giocatrice ma un parente». Da lì la consapevo­lezza che bisognasse partire dai fa­miliari. «Anche perché sono loro a soffrire di più. Non è il giocatore a subire i dan­ni più gravi – spiega Daniela Capitanucci presidente dell’Associazione And (sigla che sta per Azzardo e nuo­ve dipendenze) – ma i suoi figli». Il perché si può intuire: «La moglie del giocatore deve scegliere. Se decide di dedicarsi al marito e di aiutarlo nel suo percorso di disintossicazione ha bisogno di dedicarsi a lui in manie­ra totale, di sostenerlo, d' incorag­giarlo. A detri­mento dei figli. Peggiora le cose – prosegue Ca­pitanucci – il fatto che sem­pre più rara­mente esiste u­na rete familia­re a cui fare affi­damento ». An­che nel caso che ci siano nonni e zii disponibili al compito, raramente il problema e­sce dalle pareti domestiche: la ver­gogna è troppa per confessare la dif­ficoltà e chiedere aiuto. «Il brutto è che in molti casi, il sacrificio dei bam­bini non porta a nulla. La moglie scommette sul marito – spiega la psi­cologa di Varese – e il marito continua a scommettere». Tutti e due per­dono.
da Avvenire

6 commenti:

  1. No, io non gioco. Lascio ad altri il piatto. Non m'attrae questa presa in giro. Noi tiriamo fuori i soldi e le casse dello stato gongolano... sia mai!

    Ho saputo di gente che si è giocata la vita con l'azzardo. Il problema è scottante e sottovalutato. Bisognerebbe parlarne di più per rendere consapevoli le persone del rischio.
    Ma allo stato non conviene affrontare l'argomento seriamente: troppo interessi in gioco!

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  2. Io Aliza vinco sempre a tutte le lotterie, perché... non gioco mai. men che meno al superenalotto, che ritengo una truffa legalizzata, perché i sistemi informatici utilizzati per controllare le giocate possono controllare tutte le combinazioni giocate e farne uscire una non giocata da nessuna. Sì sono d'accordo che la febbre del gioco è come una droga.

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  3. ho visto signore di una certa età con le borse della spesa uscire dalle sale bingo di Mestre....All'entrata di queste sale, a tutte le ore, c'è un via vai di persone che entrano per giocare ma chi vince è sempre il banco!

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  4. Per fortuna non mi piace giocare il mio denaro. Lavoro molto per ottenerlo.


    Un bacio Aliza.

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  5. La fortuna va tentata...comunque io non la tento. Mi sembra di essere già tanto fortunato rispetto a tanti altri!

    Un caro saluto

    E

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  6. Ho appena sentito al Tg che qualcuno ha vinto quella cifra immensa...
    Nn ho mai giocato, nè al totocalcio, nè al lotto, nulla...
    Sono d'accordo nel dire che il gioco può diventare una vera e propria malattia, a volte purtroppo, difficile da guarire.
    Buona serata.
    Cinzia

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